IL PRETORE Sciogliendo la riserva, rileva: Con atto notificato il 7 agosto 1987 e' stata sottoposta a pignoramento, per la quota consentita dalla legge, la retribuzione percepita da Binarelli Massimo. Il terzo pignorato, Istituto postelegrafonici, all'udienza del 20 gennaio 1988, ha reso la dichiarazione, precisando che la retribuzione complessiva di L. 2.025.000, e' composta, tra l'altro, dallo stipendio di L. 789.333 e dalla indennita' integrativa speciale di L. 838.487. Con ordinanza del 25 gennaio 1989 si e' proceduto all'assegnazione di una quota parte della retribuzione, quota pari al quinto dello stipendio base, con riserva di provvedere all'assegnazione di un'altra quota, pari al quinto dell'indennita' integrativa speciale, all'esito della proponenda questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 2, lett. a), della legge 27 maggio 1959, n. 324, statuente il divieto della cedibilita', della pignorabilita' e della sequestrabilita' dell'anzidetta indennita'. La questione della non conformita' di tale norma ai principi costituzionali appare rilevante ai fini della decisione del caso in esame e non manifestamente infondata. Sotto il profilo della rilevanza e' sufficiente dire che l'assegnabilita' al creditore di una maggiore quota della retribuzione corrisposta dall'Istituto postelegrafonici al Binarelli dipende dalla pronuncia circa la legittimita' costituzionale della norma in questione. Sotto il profilo della ragionevole dubitabilita' e' da osservare in sintesi quanto appresso. L'indennita' integrativa speciale e' stata istituita, con la legge richiamata, per tutelare dall'inflazione la retribuzione dei dipendenti dello Stato e di altri enti pubblici, con un meccanismo del tutto simile all'indennita' di contingenza prevista per i dipendenti privati. Essa venne dichiarata non cedibile, non pignorabile, non sequestrabile ed esente da qualsiasi ritenuta, comprese quelle erariali. L'esenzione dall'imponibilita' fiscale, sicuramente statuita per un rafforzamento della funzione di tutela dell'inflazione, e' successivamente venuta meno in conseguenza sia di una modifica della struttura delle retribuzioni, ormai composta in misura prevalente da detta indennita', sia di una valutazione di sostanziale omogeneita' della natura dello stipendio base e dell'indennita' integrativa speciale. Ma l'omogeneita' impone un'identica o almeno simile disciplina normativa. E cosi' invero e' stato fino alla sentenza n. 878/1988 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma, n. 3, del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, nella parte in cui non prevede la pignorabilita' e la sequestrabilita' degli stipendi, salari e retribuzioni corrisposti dallo Stato, fino alla concorrenza di un quinto, per ogni credito vantato nei confronti del personale. Fino a tale sentenza, infatti, la non cedibilita', la non pignorabilita' e la non sequestrabilita' dell'indennita' integrativa speciale era in evidente parallelismo con la limitata cedibilita', pignorabilita' e sequestrabilita' dello stipendio base. Con la declaratoria di incostituzionalita' di detti limiti alla disponibilita' coattiva dello stipendio base, e', invece, venuto meno questo parallelismo normativo e la disposizione di cui all'art. 2, lett. a), della legge 27 maggio 1959, n. 324, appare intrinsecamente irrazionale e palesemente contrastante con l'art. 3 della Costituzione, in quanto costituisce un'inammissibile condizione di disparita' tra il dipendente pubblico, che puo' sottrarre alle azioni esecutive dei suoi creditori oltre la meta' di quanto gli viene corrisposto per la sua opera, e il dipendente privato, che percepisce un corrispettivo sottoposto, senza discriminazione alcuna, alle azioni esecutive.